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II celebre scrittore Livio Mantarro viene accusato da un collaboratore di giustizia di aver organizzato e deciso il sequestro e l'omicidio dell'imprenditore Andrea Caraccioli, sequestro e omicidio attuati nei primi anni ottanta da una sigla terrorista dell'estrema sinistra. Ad avvalorare l'accusa c'è una circostanza inquietante: poco dopo l'omicidio di Caraccioli, Mantarro aveva smesso di scrivere romanzi e articoli giornalistici, e si era ritirato dalla vita culturale italiana. La difesa viene affidata a un avvocato di mezza età, aspirante scrittore e grande ammiratore di Mantarro, che si scontra fin da subito con l'assoluta passività dell'imputato. Mantarro - al momento ricoverato in una clinica privata per una fortissima crisi depressiva seguita alla morte della moglie - sembra infatti del tutto disinteressato all'esito del processo. L'avvocato sarà costretto a indagare nella vita di Mantarro (l'infanzia in uno sperduto paese di montagna, l'ingresso in seminario e la precipitosa fuga dallo stesso, l'ascesa letteraria nella Milano degli anni sessanta, l'impegno culturale militante) e finirà per scoprire che la verità è raccontata nei romanzi di Mantarro meglio che in tutte le altre testimonianze raccolte.